Molti corsi elearning sono realizzati per la compliance, e spesso il modo in cui sono erogati è un po’ rigido. Per esempio, molti corsi elearning di questo tipo richiedono un numero minimo di ore necessarie a certificare il raggiungimento degli obiettivi di formazione. Questo aspetto è assurdo, perché un numero minimo di ore di un corso elearning seguito dall’utente, non garantiscono che lo stesso abbia effettivamente compreso l’oggetto della formazione. Purtroppo però, come content developer di corsi elearning non puoi farci nulla. Oltre ai corsi sulla compliance, una gran parte della formazione prodotta è data dai training realizzati partendo da dei contenuti già disponibili in un altro formato digitale. I contenuti, molto spesso, vengono riadattati senza però aggiungere alla formazione nessuna idea originale. Un esempio sono i corsi sulla policy: le informazioni esistono già online, da lì vengono copiate e incollate sulle slide, si elabora un template grafico grazioso, e per completare la formazione si aggiunge alla fine un quiz. Un altro esempio potrebbe essere un corso elearning sui principi dell’ergonomia: si copiano e incollano le informazioni sull’argomento che sono già disponibili all’utente finale, si aggiungono immagini di oggetti ergonomici e, perché no, anche qualche animazione in stile fumetto dove, per esempio, Susan dice al collega Jack di quanto le fa male la cervicale, e successivamente far entrare nella slide Terri (l’esperto di ergonomia sul posto di lavoro) con un discorso che spiega la giusta posizione della schiena quando si è seduti alla scrivania. Il tutto in uno stile che ricorda i cartoni animati Disney. È necessario quindi rivedere il modo di progettare corsi elearning da contenuti già esistenti. Ecco alcune idee: I vantaggi di questo tipo di approccio sono: Quanti dei tuoi corsi elearning esistono già come contenuti digitali su altre piattaforme? Come affronti questi tipi di richieste di “formazione”? Traduzione autorizzata tratta dal post originale di Tom Kuhlmann su “Rapid E-Learning Blog”.
Il post originale è disponibile qui.
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